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Simboli Della Tradizione Siciliana
I Carretti Siciliani sono uno dei principali simboli del folclore siciliano. Ad Aci Sant’Antonio, importante centro della cosiddetta Scuola d’Arte del Carretto, buona parte dell’economia del paese si basava su queste attività.
C’erano più di 16 botteghe che aggregavano centinaia di persone tra artigiani, carrettieri ed apprendisti. Grazie a loro quasi inconsapevolmente con estrema semplicità, oggi è nato il mito del Carretto di Sicilia.
I carretti siciliani, tradizione e simbolo del folclore siciliano conosciuto in tutto il mondo, hanno origine in Sicilia intorno al settecento. Accompagnati dal tintinnio dei campanacci e spesso dal canto del carrettiere, erano costruiti da abili artigiani chiamati carradori (carrozzieri) e venivano anticamente usati per il trasporto di legna e merce di ogni tipo come di sacchi di grano, legumi, agrumi, mandorle, barili di vino, otri d’olio, masse d’ortaggi, forme di zolfo o di formaggio tronchi d’alberi o pietre da costruzione. Erano costituiti dalla cassa, dalle ruote e dal piano di carico, e formati da tavole di legno montate su dei travetti trasversali. Il piano era circondato da portelli, e collegato alle stanghe che permettevano l’attacco con l’animale da traino, che poteva essere un mulo, un asino o un cavallo.
Diverse la figure che ruotavano intorno alla costruzione del carretto, tra queste u firraru, fabbro ferraio, che realizzava tutte le parti in ferro che costituivano l’ossatura del carro, tra cui a cascia ri fusu, struttura in ferro battuto che univa l’asse delle ruote al fondo della cassa, costruita in legno di abete e le boccole, tipico meccanismo di bronzo che, attaccato alle ruote del carretto, produceva col movimento un suono caratteristico. U siddaru, che sellava e arricchiva l’animale da traino, con ornamenti, detti armeggi, di fiocchi, nastri, campanelli, specchi, bardature decorate con placche di cuoio, chiodi dorati e pennacchi, generalmente di colore rosso e giallo, che sono i colori della Sicilia. U ferrascecchi, che si occupava di ferrare il cavallo una volta al mese.
Gli intagliatori, quindi, decoravano con pitture ed incisioni le fiancate, chiamate masciddari, fatte in legno di noce e i raggi delle ruote realizzate in frassino, che tanto erano più belle e pregevoli quanto più manifestano l’importanza del proprietario. Diversi i soggetti, troviamo dipinte e intarsiate, immagini sacre della Vergine o dei Santi, scene di vita quotidiana, incontri di sovrani, o ancora episodi di romanzi cavallereschi, gli stessi narrati negli spettacoli dei Pupi siciliani, o fatti storici come le battaglie di Napoleone I e delle crociate. I colori tipicamente usati per tingere i carretti erano il giallo, il rosso, il blu, il bianco ed il verde, il nero veniva usato per definire i contorni.
I tipi di carretto siciliano sono quattro: quello Palermitano, il tipo Trapanese con delle ruote più grandi, quello di Castevetrano e ed infine quello Catanese, di dimensioni generalmente più piccole. Oggi, questi meravigliosi esempi della cultura popolare dell’isola, si possono ammirare nelle feste popolari, nota quella di S.Alfio, a Trecastagni (Ct); i carretti, che partono la notte da Catania e da altri paesini etnei, vi arrivavano la mattina e si adunano nella piazza del paese. A Catania, Palermo ed in altri paesi della Sicilia, continuano ad operare scuole, che vantano una grande tradizione, specializzate nella costruzione e decorazione del carretto. Tra queste ricordiamo le botteghe di Bagheria e di Aci S. Antonio, note per le pitture dei carretti e quelle di Floridia, Vittoria, Valguamera e Scordia. Dal maggio del 2001 l’opera dei pupi è stata dichiarata dall’Unesco capolavoro del patrimonio orale e materiale dell’umanità.
