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Vittorio Malingri, il “mastro” marino

Malingri team

Mediaround

Vittorio Malingri, il “mastro” marino

A cura di Riccardo Guidi

Non intendo raccontare la storia di Vittorio, è già raccontata meritatamente in tutti i contesti letterari che contano e persino in Wikipedia viene definito “Maestro Navigatore”.Quello che invece vorrei trasmettere a chi non lo conosce è il Vittorio uomo, stimato da molti, ma non sempre compreso sino in fondo.

Ho visto Vittorio per la prima volta nel 1985 al salone nautico di Genova. Insieme al mitico papà Franco. Accoglievano i visitatori a bordo del Moana 33 di Vittorio e per chi appena se ne intendeva comprendevi subito che quella barca non aveva nulla a che vedere con il resto delle imbarcazioni commerciali ospitate nello stesso padiglione. Era una barca progettata da chi il mare e l’oceano lo avevano navigato davvero.
Non ci conoscevamo ancora ma ricordo perfettamente come brillavano i suoi occhi mentre mi raccontava il “suo” Moana e ne esaltava le caratteristiche. Sapevano di mare.

Da lì in avanti l’ho sempre seguito nelle sue innumerevoli e straordinarie avventure e nella crescita del suo ricchissimo palmares. Imprese che non hanno mai avuto il meritato onore della cronaca e degli sponsor, a dispetto di altre effettuate da navigatori, magari con meno esperienza in mare ma più bravi a tessere le relazioni che contano a terra.
Ho sempre avuto il sospetto che fosse questo il motivo di basso coinvolgimento da parte degli sponsor, non coerente con le sue imprese, la sua bravura e le sue capacità.
Ci siamo rincontrati tanti anni dopo, nel 2011, a bordo del fantastico ketch Elmo’s Fire, durante la sua ultima traversata atlantica dalla Canarie a Guadalupa prima di essere venduto al suo nuovo acquirente, e lì ne ho avuto la conferma.

Quando conosci Vittorio ti rendi conto che la sua vita è lontana dagli stereotipi comuni, la sua è una dimensione mentale che parte dalla testa, che ascolta, processa informazioni ed elabora pensieri.
Vittorio ascolta il mare, il mare è il suo lavoro, la fonte della sua esistenza ma è anche la sua vita. Ha scelto di viverlo sino in fondo misurandosi con i più grandi velisti del mondo, diventati suoi grandi amici, ma soprattutto con se stesso, in una grande avventura che non è ancora finita.

Un equilibrio di sapiente saggezza, costruito in una vita di oceani e di miglia, di successi e di naufragi, di avventure in mare e di rifugi in terra (nella sua base umbra), di progetti sognati e realizzati, di pensiero e azione. Un karma costruito attraverso il benessere interiore fatto di cose normali ed essenziali, lontane dal superfluo che domina la nostra civiltà.
E non esiste alcun compromesso che possa rompere un equilibrio così perfetto.

Un paio di mesi fa ho cercato di coinvolgerlo nel progetto Searound prospettandogli interessanti possibilità di business; dopo avergli spiegato il progetto e avergli proposto una partecipazione allo stesso mi ha bloccato e mi ha detto: “Ricky, no, no, no, tu vuoi coinvolgermi in un progetto imprenditoriale che, anche se riguarda il mare, mi costringe ad allontanarmi da lui, dalla mia vita. Ti ringrazio ma non mi interessa. Però conta su di me per qualsiasi cosa io possa fare per aiutarti a svilupparlo, gratuitamente.”

Questo è Vittorio. Un altro mi avrebbe chiesto qualche migliaio di euro di sponsorizzazione.
Vittorio è anche generosità nel trasmettere il suo sapere di marinaio, nell’insegnarti cose straordinarie, nel consigliarti e presentarti i suoi amici fornitori, nel suggerirti come migliorarti e crescere. Lo fa con grande spontaneità, con passione, con la luce negli occhi. Senza interesse alcuno se non quello di renderti un marinaio migliore.

E da uno così non smetti mai di imparare. Ha il mare dentro.

Ho parecchi ricordi di quei venti giorni passati insieme in Atlantico e molti sono riferiti alla sua straordinaria capacità di “sentire” il mare e il vento. Anche quando riposava in cuccetta usciva improvvisamente dal passauomo di prua e ordinava di ridurre le vele perché stava arrivando un groppo, che puntualmente arrivava, o ci impartiva di correggere la rotta o di regolare le vele. Ci siamo sempre chiesti come facesse e quale fosse la natura di quella capacità così istintiva. Sono ancora sicuro che ci avrebbe portato a destinazione anche senza strumenti e senza informazioni meteo.Adesso sta tentando di battere il record Dakar-Guadalupe in doppio, insieme al figlio Nico, su Feel Good, un catamarano non abitabile di 6 metri, e non vedo l’ora di festeggiarlo, vada come vada.

Rimarrà sempre “il Maestro navigatore e marinaio”.

Il Team Editoriale di Searound Magazine vi da il benvenuto.

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